I gusti (storici) del vino

I gusti (storici) del vino

Noi oggi siamo abituati a un vino secco, alle bollicine e al dolce abbinato ai dessert, ma non è sempre stato così

Aperitivo? Versiamoci un bel calice di bollicine. Siamo al secondo di una cena speciale? Perché non godersi un bel bicchiere di Barolo. Tutto naturale, ma non è sempre stato così. Anzi, i vini che conosciamo per la maggior parte popolano le nostre tavole da pochi anni. Per secoli il vino (e il suo sapore) sono stati ben diversi da quelli che conosciamo oggi. L’anfora. Oggi il suo uso è tornato alla ribalta. Tornato, perché in realtà si tratta di uno strumento di vinificazione antichissimo. Chiedete agli Egizi. Si sa che i Faraoni privilegiavano i bianchi, rigorosamente trasportati in anfora. Vi ricorda qualcosa? Il passito: è probabilmente il più antico vino a denominazione che conosciamo. Non è un caso se già i Fenici ne facessero commercio e dalle rovine di Cartagine si salvò quasi solamente la ricetta del vino Passito. Il Vermut: sicuramente è il prototipo di vino più diffuso nel mondo antico. Non nella versione torinese chiaramente, ma in quella che si poteva trovare nell’Atene di Pericle. I Greci amavano follemente i vini aromatizzati do ogni colore. Anche se ad avere più successo di tutti – al punto di essere ancora oggi uno dei prodotti simbolo della Grecia – è la retsina, un bianco che prende il nome da una resina vegetale di pino d’Aleppo un tempo usata per rivestire le anfore. Il bianco invecchiato: potremmo definirlo l’Amarone dei Romani, anche se bianco. Considerato molto pregiato, era prodotto tra Roma e la Campania, in denominazioni diverse (potremmo definirle cru) e in tipologie diverse a seconda del residuo zuccherino. Non mancavano altri vini pregiati, per lo più dolci. E vini più leggeri, aromatizzati o addirittura affumicati. Senza dimenticare i vinacci aromatizzati dagli osti in modo più o meno lecito che però abbeverarono milioni di Romani. Vino da messa: certo il più puro e uno dei migliori storicamente. Ai monaci il grande merito di aver importato le tecniche dei Galli che utilizzavano la botte di legno. Furono i primi enologi e non mollarono il titolo per secoli. Bordeaux e Borgogna: il gusto dei grandi rossi si deve essenzialmente a queste due grandi regioni vitivinicole che per prime diffusero questa tipologia di vinificazione con macerazione sulle bucce in un mercato dominato quasi esclusivamente da bianchi e rosati. A far da apripista un testimonial d’eccellenza: la corte papale ad Avignone. Gli spumanti: anche qui la memoria corre veloce a al monaco Pierre Pérignon che per primo avrebbe codificato la produzione del metodo classico. Comunque sia andata la storia, la grande diffusione degli spumanti nel mondo si deve anche a un enologo piemontese, Federico Martinotti, che grazie all’autoclave li rese disponibile – abbassandone prezzi e tempi di produzione – a milioni di persone.

Da: ilgolosario.it

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